Era il 1987 quando Craxi dichiarò con orgoglio che il PIL del nostro paese aveva superato quello britannico (sappiamo bene, ahimè, che tale sorpasso fu di breve durata). E chissà che la premier lituana, Ingrida Šimonytė, non sia prossima a una dichiarazione analoga nei confronti dell’Italia, in riferimento al PIL pro capite.
Non ci stupiremmo. D’altro canto in Lituania il reddito pro capite è in crescita costante fin dai primi anni ’90. Una tendenza inversamente proporzionale a quella che ormai da tre decenni caratterizza il bel paese, dove il salario medio è al palo, con appena 1500 euro netti a persona. Senza dimenticare alcune aree del nostro Meridione, caratterizzate da disoccupazione dilagante e vere e proprie sacche di povertà.
Il fenomeno, su scala europea, ricorda da vicino quanto accadde in Veneto negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso. I veneti lasciavano ai tempi le loro città per recarsi nelle regioni più ricche della penisola. Chi rimaneva presso la foce del Po, dedicandosi alle aziende di famiglia, cresceva e costruiva le imprese che avrebbero trainato l’intera economia nazionale nei decenni successivi.
Basti pensare, per non fare che alcuni esempi, a NORD VPN, VINTED (quest’ultima nata dall’esigenza di un giovane studente, Justas, che cercava il modo di vendere rapidamente i propri abiti usati) o UNITY, aziende lituane in tutto e per tutto. Si tratta ormai di multinazionali, fino a qualche anno fa aziende del tutto sconosciute, ma ora celebri in tutto il mondo.
E grazie al connubio tra innovazione tecnologica, intraprendenza personale dei giovani, rapidità della burocrazia e pressione fiscale moderata (al quale si potrebbe aggiungere la snellezza del mercato del lavoro, che strizza l’occhio al modello liberista d’oltreoceano), il paese è in rapida ascesa economica e in Lituania si guadagna ormai più che in Grecia, in Portogallo, nell’Italia meridionale e nell’intera Europa orientale.
In Lituania infatti l’indice PIL pro capite ES27/100 (come si può rapidamente verificare su questo articolo del Verslo Žinios, la più autorevole rivista di economia e politica monetaria locale) è ormai vicino a quello italiano. E se lo stipendio medio di un impiegato italiano è di 1500 euro netti, quello lituano, soprattutto nel settore privato, supera ora i 1200 euro. E le offerte di lavoro sono abbondanti. Non è un caso d’altra parte se la comunità italiana in Lituania, e più in genere nelle repubbliche baltiche, è in rapido aumento.
Chi lavora nella programmazione e con le tecnologie informatiche qui può trovare offerte davvero allettanti, con posizioni, anche per figure junior, che partono dai 2000 euro netti mensili. La vicinanza ai paesi scandinavi, geografica innanzitutto, ma anche culturale, fa il resto, portando i propri modelli di progresso sociale d’avanguardia.
Se la geopolitica aiuterà il paese, le carte sono in regola per un sorpasso imminente. E diciamolo (come ama asserire il nostro presidente del Senato): per il professor Mario Rossi non sarà facile accettare di essere più povero del professor Marius Petrauskas, che “soli” 40 anni fa (le virgolette sono d’obbligo. Si tratta di quasi mezzo secolo!) era un cittadino dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche!