Il conflitto in Ucraina ha alzato in Europa una nuova cortina di ferro, che solo pochi arditi, in Occidente, hanno il coraggio di attraversare. Il turismo ad est dell’Oder è finito, e forse lo è per il prossimo decennio. E qui nelle repubbliche baltiche, d‘altra parte, dove le gallerie d‘ambra hanno chiuso i battenti da tempo, gli unici turisti rimasti sono i polacchi, i cechi e gli scandinavi. Diciamolo, come ama dire il nostro Presidente del Senato, nel subconscio dell‘italiano medio (ma anche dei suoi cugini d‘oltralpe, francesi, spagnoli e portoghesi, per limitarsi al pubblico di origine romanza), degli operatori turistici e delle agenzie si è affermato il seguente, rigido ed impietoso assioma:

repubbliche baltiche = Ex Unione Sovietica = guerra = pericolo

E nelle principali città dell’area sono perfino diminuiti, per la prima volta in vent’anni, gli studenti Erasmus. Continuano a venire numerosi gli studenti di paesi terzi, ben contenti di integrare gli studi con il lavoro, prodigandosi come rider instancabili per Wolt Food e come tassisti. Ma di spagnoli, francesi e italiani, mantenuti da mamma e papà durante il semestre all’università di Vilnius, nemmeno l’ombra, o quasi.

Si tratta di un fenomeno interessante e bizzarro al contempo. Il conflitto in Ucraina ha risollevato ad Occidente una sorta di timore ancestrale per il pericolo che si cela oltre quella che Churchill definì la cortina di ferro. Gli aerei di Ryan non si riempiono più delle frotte di turisti che si riversavano negli hotel e nelle strade di Vilnius, Riga, Tallinn ed Helsinki, di pensionati in vacanza, ma solo di turisti lituani in viaggio verso i caldi lidi delle coste italiane, desiderosi di spendere il denaro accumulato durante i mesi pandemici nei nostri hotel, dove sono ospiti attesi e graditissimi.

Il nuovo confine, psicologico e non più politico, della neonata cortina di ferro, viene attraversato per turismo da est verso ovest, ma non viceversa. Per la prima volta nella storia del turismo in Europa il flusso turistico va da oriente verso occidente. E il denaro della classe media dell’Europa orientale contribuisce a ridurre il deficit dell’erario pubblico italiano, ad alimentare l’esercito dei nostri impiegati di Stato e dei pensionati. Non si ferma, invece, dopo una breve battuta d’arresto, l’emigrazione dei giovani italiani verso est. Nella sola Polonia pare siano più di 30 mila i nostri giovani impegnati nel back office, nell’outsourcing, nell’ingegneria informatica e, naturalmente, nella ristorazione.

E intanto cresce, e si forma in questi ambienti lontani e diversi, una nuova generazione di Italiani, si tratta dei nostri figli… la nuova generazione degli Italiani del Levante d’Europa